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La qualità dell'olio di oliva extravergine

Parte prima: le basi chimiche e biolologiche di buon olio extravergine di oliva

Cos'é l'olio di oliva

Per riconoscere la qualità dell’olio di oliva bisogna partire dal frutto dal quale si ricava. L’olio di oliva é composto da parti saponificabili ed insaponificabili. Tra i saponificabili troviamo i gliceridi che costituiscono il 98% circa dell’olio, e alcune componenti minori come le cere che rivestono l’oliva, i fosfolipidi e gli sfingolipidi che seppur contenuti in modesta quantità, sono importanti perché presenti nel tessuto celebrale dell’ uomo. Il resto sono componenti minori insaponificabili come idrocarburi, steroli, vitamine e tocoferoli. Questi ultimi svolgono l’azione antiossidante della vitamina E, funzione protettiva molto importante per l’olio ma anche per il corpo umano. I gliceridi sono invece i grassi saponificabili prodotti dalle cellule della drupa dell’ulivo che li contiene all’interno dei vacuoli, sacche intracellulari che con la loro membrana isolano l’olio dal resto della polpa dell’oliva . Questi sono il risultato dell’unione di una molecola di glicerina con una due o tre molecole di acidi grassi, formando così monogliceridi, digliceridi o trigliceridi che ne costituiscono circa il 95%. La salubrità dell’olio di oliva rispetto a grassi di origine animale dipende dalla qualità degli acidi grassi. Quelli dell’olio di oliva sono in maggioranza insaturi, dal 53 all’83%. Mentre quelli del burro, per esempio, sono per lo più saturi. I grassi saturi trasportano il colesterolo nel corpo e una loro eccessiva presenza porta ad un eccesso di colesterolo che può depositarsi nelle arterie e determinare l’ateriosclerosi. Mentre i grassi insaturi, i potenti antiossidanti come la vitamina E e la presenza di sostanze antinfiammatorie come l'oleocantale, contenuti nell’olio di oliva sono considerati protettivi per il sistema cardiocircolatorio. Sono molti i difetti che limitano la qualità dell’olio d’oliva extravergine e possono essere causati da parassiti come la mosca o la tignola, da olive molto sporche che danno un caratteristico odore di terra; dalla mal conservazione dei frutti e quindi con un odore di muffa; oppure quando l’olio resta per tanto tempo a contatto con il deposito prendendo un odore di morchia o ancora quando restano ammucchiate troppo a lungo maturando sapore di riscaldo o di metallo se l’olio rimane a contatto con parti ferrose.
Ma i danni maggiori sono causati dall’irrancidimento che è un naturale processo di decomposizione chimica a cui vanno incontro i grassi, gli oli ed altri lipidi. L’irrancidimento può avvenire per mezzo dell’enzima lipasi che determina l’idrolisi dei gliceridi, quindi liberando gli acidi grassi dalla glicerina. Questo avviene quando si danneggia in qualche modo il frutto, per esempio schiacciandolo. Le membrane intracellulari dei vacuoli si rompono facendo uscire l’olio che va a contatto con il resto della polpa e quindi dell’enzima lipasi, il quale libera gli acidi grassi dal legame con la glicerina dei gliceridi. Questo tipo di irrancidimento può essere valutato solo con specifiche analisi chimiche che determinano l’acidità dell’olio (il metodo ufficiale è la titolazione degli acidi grassi liberi, ma è possibile rilevare l'acidità dell'olio di oliva anche con gli acidimetri o, meglio ancora, con particolari strumenti come per esempio lo CDR OxiTester). L'acidità dell'olio di oliva, infatti, non è rilevabile al palato, poiché le dimensioni della molecola degli acidi grassi non permettono il loro ingresso nei ricettori del palato. Tuttavia è recente la scoperta che gli acidi grassi hanno un proprio gusto caratteristico, anche se non si può definire un vero e proprio sapore poichè dato da una serie di particolari sensazioni che, se si superano i livelli di percezione, risulta essere piuttosto sgradevole.
Stiamo parlando dell'"oleogustus", il possibile sesto sapore dopo il dolce, l'amaro, il salato, l'acido e l'umami. Un basso valore di acidità dell’olio è un valore positivo per quanto riguarda la validità del grasso per la frittura, più l’acidità è bassa più il punto di fumo è alto (per esempio gli oli di oliva extravergini, ma anche quelli raffinati, ne hanno molto pochi e per questo hanno più alti punti di fumo e se ne consiglia l’uso in frittura). Questo primo irrancidimento è considerato il substrato del ben più grave tipo di irrancidimento. Quello provocato dalla presenza di metalli, ossigeno e luce che attivano l’enzima lipossidasi. Questo enzima, attraverso l’azione di ossidazione dell’ossigeno, determina la rottura dei doppi legami degli acidi grassi insaturi, portando alla formazione di composti a catena corta maleodoranti e sgradevoli al gusto, responsabili del difetto di rancido. Tale difetto è l'unico dannoso per la salute

Qualità dell'olio extravergine d'oliva parte seconda

(di Mauro Gaudino © - copyright 2017)

 
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