Oleum Tiburtinum
(Oleum Hadrianus)
Un po' di storia...
Le Caratteristiche organolettiche degli olii promossi da Tiburtinum®
Tiburtinum® é un servizio per la valorizzazione e la
promozione di olio di aziende agricole tiburtine prodotto con olive
coltivate nell'area collinare intorno a Tivoli, nello stesso antico
paesaggio dell'Agro Romano Antico tanto caro ai romani che qui vi edificarono le
proprie ville, nonché ai personaggi del "Grand Tour" che specie nell'800 lo
rappresentavano nei loro dipinti. L'olio promosso da Tiburtinum®
pur conservando il delicato profumo di base di olive fresche appena raccolte,
può variare di sapore e di colore, a seconda dell'azienda agricola che lo
produce.
Generalmente presenta un colore giallo oro con sfumature verdi, sapore fruttato
con sensazioni di amaro e piccante.
Le olive più utilizzate per questa selezione di olii appartengono alle
varietà tipiche della zona, quindi è ottenuto dalle olive Frantoio, Leccino, Rosciola,
Rotonda di Tivoli con qualche possibile presenza di Montanese, Brocanica, Carboncella, Pendolino, Itrana.
Altre qualità di rare olive autoctone che possono essere utilizzate, oltre alla Rotonda di Tivoli ed alla
ricercatissima Rosciola sono le olive Palmuta, Rappaiana, Romana, Roscetta Gagliarda e Sbuciasacchi.
Per questo pur garantendo l'alta qualità del prodotto di zona, l'olio Tiburtinum® non ha mai lo stesso sapore, ma é sempre una gustosa sorpresa
L’olio di oliva era ben conosciuto dai
romani che ne facevano incetta in tutte le provincie arrivando a chiedere
persino tributi annuali pagabili con il prezioso alimento.
La magior parte delle navi dell'antica Roma erano le cosidette "navi olearie"
che trasportavano anfore sistemate nelle stive in modo da poterne trasportare il più possibile, come ricordano
i ritrovamenti fatti a Marzameni, Taormina ecc...
Pensate che a Roma uno dei sette colli artificiali detto Monte Testaccio é stato formato per lo più dai resti frantumati delle anfore oleare
dell'antica Roma. In particolare queste anfore una volta svuotate del loro prezioso contenuto non potevano essere riutilizzate
poiché l'olio che veniva assorbito dalla porosa terracotta era di difficile eliminazione, e rimanendo in parte attaccato
alle pareti, irrancidiva pregiudicando il gusto e la conservazione dell'olio.
Proprio grazie ai resti delle anfore del Testaccio, costituito da 53 milioni di recipienti, si stima che in quei anni
Roma per soddisfare la domanda di olio interna di un milione di abitanti, abbia dovuto importare 6 miliardi di litri di olio!
L’olio era quindi un bene molto ricercato ed i romani che ne erano espertissimi consumatori lo
distinguevano in almeno 5 qualità:
"Ex albis ulivis" il migliore , che come l'"Oleum Tiburtinum" era spremuto da olive fresche ancora
verdi, e presumibilmente consumato da Adriano ed i suoi ospiti nella dimora di Tivoli, visto che la villa dell'Imperatore sorgeva tra due grandi uliveti TIburtini;
"Viride" con olive la cui invaiatura cominciava a divenire
più scura ;
"Maturum" con frutti a piena maturazione;
"Caducum" con olive raccolte da terra ed infine il"Cibarium",
ottenuto con le olive più rovinate.
Quet'ultimo risultava un olio molto acido ed immangiabile, in quanto ricavato da olive bacate,
raccolte da terra e spremute per ultime, quindi con fermentazioni importanti, che veniva
somministrato agli schiavi, o usato come combustibile per lampade di cui Roma faceva grande uso
per l'illuminazione notturna della città.
Già a quei tempi l’olio risultava un
prodotto molto costoso e quindi, almeno per la qualità “ex albis ulivis”, era
riservato ai romani più ricchi e nobili. Plino racconta che i cavoli non erano
assolutamente un cibo economico, in quanto dovevano essere conditi con molto
olio!
Che Tivoli fosse già in antichità una rinomata terra di produzione agricola non
v’è ombra di dubbio. Sono infatti numerose le testimonianze lasciate
ai posteri da esperti scrittori culinari del tempo. Daltronde della fertilità della zona
ne abbiamo conferma ancor oggi dall'eccezionale presenza dell'Albero Bello di Villa Adriana
un ulivo centenario datato al carbonio 14 che lo fà risalire a 600 anni or sono! (vedi il contenuto video nella
pagina). Plino, Columella ed Apicio raccontano nelle loro testimonianze della
superiore qualità dell’ “Oleum Tiburtinum” nonché del vino, anch’esso un
prodotto della zona molto famoso in epoca romana. Non è da escludere che la fertilità del terreno e
l’abbondanza delle produzioni agricole contribuirono a convincere l’imperatore
Adriano a costruire proprio qui la sua dimora “extra moenia”.
All’epoca non era possibile una
conservazione ottimale degli alimenti ed il loro trasporto anche di pochi
chilometri, con le strade ed i mezzi di allora, rovinavano inevitabilmente le
merci che giungevano a destinazioni con traumi, fermentazioni ed ossidazioni
importanti, influendo sulla qualità dei prodotti.
Quindi la vicinanza nelle zone di produzione
di qualità era strategica per chi per ragioni politiche come Adriano, aveva
necessità di affermare la sua potenza con fastosi banchetti per i numerosi
ospiti che frequentavano la sua dimora. Non dimentichiamoci che l’olio era
un ingrediente fondamentale anche per la cura del corpo e nella sua
villa, Adriano aveva ben due terme che servivano allo scopo. La residenza
dell'imperatore fu edificata in mezzo ad un grande uliveto vicino ad un'altra zona, ricca
di viti dell'uva Pergolese di Tivoli, che é stata ritrovata anche tra i reperti archeologici della villa di Adriano.
La fertilità delle terre di tivoli per l'ulivo é testimoniata dalla presenza dell'abnorme ulivo "Albero Bello" di villa Adriana.
Con la sua circonferenza di circa 6 metri, un'altezza di 16 metri e la sua rigogliosissima chioma, l'albero testimonia l'eccezionale
fertilità del suolo tiburtino che sebbene abbia "solo" 580 anni, ha le stesse dimensioni di ulivi più vecchi di lui di 2000.
Lungo il pendio della collina di Tivoli, dove per l'appunto ai piedi c'é l'ulivo di cui sopra, si dirama un folto uliveto che
avvolge tutt'intorno la collina tiburtina.
A circa 2 km dal centro della città di tiburtina, attraversando quella che é chiamata la via di Pomata, di alberi d'ulivo centenari se ne trovano più d'uno.
Tra questi spiccava nelle vicinanze di un fontanile un'altro ulivo centenario di 8
metri di diametro di un'età stimata di 2200 anni, chiamato anch'esso dai tiburtini "Albero Bello",
purtroppo andato distrutto alcuni anni fa da un'incendio.
La diffusa presenza di queste piante centenarie di ulivo, che qui
crescono rigogliose continuando a dare deliziosi frutti, fanno ben capire la vocazione del terreno
per questo tipo di coltivazione e di conseguenza
l'alta qualità del prodotto ricavato.
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